Visualizzazione post con etichetta Tradizioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Tradizioni. Mostra tutti i post

30 marzo 2024

Pecorelle di Marzapane

Queste sono le pecorelle di marzapane che si preparano in Sicilia, nel periodo di Pasqua. Le pecorelle sono distese su i una base, che può essere un vassoio, un recinto o un prato. Tutte le pecorelle hanno un fiocco rosso al collo e una bandiera rossa infilzata sul dorso. Questa rappresenta la Croce della Resurrezione. 

Per realizzare le pecorelle occorrono lo stampo e delle penne alimentari, rossa e marrone, per dare un pò di colore.

 Ricetta del marzapane 

Ci si passa l'amido nelle mani, si formano delle palline con l'impasto, e dopo si mettono nello stampo, anche questo spennelato don l'amido. Si pressano facendo aderire il marzapane da tutte le parti e dopo, si escono delicatamente dallo stampo. Si lasciano riposare un poco e dopo si ci da un tocco di colore. Infine si mettono sulla base e si decorano con ovetti di cioccolato, fiorellini, confetti o quel che si vuole. 


13 dicembre 2022

Santa Lucia. Cuccia e Arancine

Il 13 Dicembre si festeggia Santa Lucia, protettrice della vista. Lucia proveniva da una famiglia benestante ed era stata promessa sposa, ad un nobile del luogo. La madre fu colpita da una grave malattia e Lucia chiese l'intercessione di Sant'Agata.

Dopo la sua guarigione della mamma, Lucia decise di donare tutti i suoi averi, ai poveri. Il fidanzato non accettò la sua volonta. Era il periodo della persecuzione voluta dall'Imperatore Diocleziano e visto che Lucia era vicina al Cristianesimo, ne denunciò la sua cristianità. Lucia venne arrestata, interrogata ed infine uccisa. 

Santa Lucia viene festeggiata in diversi Paesi, ma per i Palermitani è una vera e propria devozione, legata ad un miracolo avvenuto proprio un 13 Dicembre di tanti anni fa. 

Era il 1646 e la carestia aveva colpito Palermo. Dopo un lungo periodo di fame, nel giorno in cui si venere la Santa, al porto della capitale, arrivò una nave carica di grano. La gente, affamata e digiuna da tempo, decise di non macinare il grano per farne pane e pasta, ma di bollirlo e mangiarlo subito così. Da qui nasce la tradizione di preparare la cuccia il giorno di Santa Lucia. 

Oggi si cuoce il grano come allora, ma si trasforma in dolce condendolo con crema o cioccolato.

Per ricordare la fine della carestia, il 13 Dicedmbre i Palermitani non mangiano pane e pasta che vengono sostituiti da sformati di riso, gateau di patate, crocchè, panelle e dalle famosissime, arancine!

La mattina si fa colazione con la cuccia. 

Per la cuccia

500 gr grano
500 gr di ricotta di pecora
250 gr di zucchero
gocce di cioccolato
vaniglia
ciliegine candite
zuccata candita

Il grano si mette in acqua e si tiene in ammollo per due giorni. Alle 24 ore si cambia l'acqua. Dopo si cuoce, in acqua pulita e leggermente salata, per circa 50 minuti a fiamma bassa. Raggiuta la cottura, si scola e si lascia raffreddare. Di seguito si condisc come meglio si preferisce. La tradizione la vede sotto forma di dolce, condita con crema di ricotta e deorata con canditi. 
Quindi si prepara la crema, si setaccia la ricotta, si zucchera e si aggiungono le gocce di cioccolato. Ed infine si decora.

A pranzo ci aspettano le arancine. Anche se ormai ne esistono tante varianti, le classiche sono quelle alla carne e al burro. 

 Per le arancine

1 kg di riso
1 litri di acqua
100 gr di burro
100 gr di grana
2 uova
2 bustine di zafferano
sale
pepe
 
per la farcitura alla carne
 
 
per la farcitura al burro
 
200 gr di prosciutto
3 mozzarelle
200 gr di besciamella
noce moscata

per la pastella

2 uova
mezzo bicchiere di acqua
3 cucchiai di farina
pangrattato


Il riso va cotto un giorno prima. 
Si mette a bollire l'acqua col sale. Calare il riso e mescolare spesso. Quando asciuga l'acqua, continuare a mescolare fino a che cuoce, come un risotto. Spegnere il fuoco quando è ben asciutto e ancora al dente. Aggiungere lo zafferano, il burro, le uova e il formaggio. Lasciare raffreddare. Il giorno dopo si formano le arancine e si farciscono.

 


11 luglio 2022

Gateau di Patate

Il gateau di patate è un piatto Napoletano e non è altro che, uno sformato di patate. Il gateau ha origini francesi ed è stato portato dai Borboni alla Corte di Napoli per poi arrivare in Sicilia. Infatti alla fine del 700, nel Regno delle due Sicilie, la moglie di Re Ferdinando I di Borbone, Maria Carolina d'Asburgo, aveva una predilezione per la cucina Francese, tanto da avere al suo servizio un intera squadra di cuochi d'Oltralpe, nella provincia Borbonese, il gateau di patate, era una pietanza semplice fatta di pochi ingredienti. Ma una volta arrivato in Italia si arricchì con nuovi sapori.

La ricetta del "gattò" si diffuse in tutto il territorio delle due Sicilie, fino ad arrivare a Palermo. Qui venne rielaborato, diventando un piatto tipico Palermitano che, si differenzia dagli altri, per l'utilizzo del ragù come farcitura.

A Palermo il gateau si mangiava per tradizione, solo il 13 Dicembre, il giorno di Santa Lucia quando si fa il digiuno di pasta e pane. Oggi giorno è un piatto come un altro da preparare per cena. Anche perchè, viene utilizzato anche come "svuota frigo"! Se ci sono salumi e formaggi che avanzano o in via di scadenza, si fanno fuori proprio preparando un bel gattò.

Anche il gateau tipico Palermitano ha le sue varianti, cioè ognuno, oltre al ragù, utilizza gli ingredienti che preferisce per farcirlo.

  

Questa è la ricetta di casa nostra!

1 kg di patate

1 uovo

100 gr di parmigiano

50 gr di pangrattato

1 mazzettino di prezzemolo

sale 

pepe


Per la farcitura

 100 gr di mortadella

6/7 sottilette

4 uova sode

ragù

Ho iniziato a preparare il ragù, cuocere le uova e le patate in abbondante acqua salata. Di seguito ho pelato e schiacciato le patate e le ho condite con sale e pepe. Dopo ho aggiunto l'uovo, il formaggio, il pangrattato e abbondante prezzemolo tritato. Ho amalgamato tutto e diviso l'impasto a metà. Con una parte ho rivestito la base della teglia e sopra ho messo la farcitura. Le fette di mortadella, le sottilette, le uova sode tagliate a fettine e sopra ancora, il ragù. Ho chiuso la torta con il rimanente impasto chiudendo bene i bordi. Per ultimo ho spolverato la superficie con del pangrattato. 

Ho fatto cuocere a 200° per circa 30 minuti.

Versione senza ragù!



19 marzo 2021

Sfince di San Giuseppe

In Sicilia, il 19 Marzo si preparano "i sfinci ri San Giuseppe". La sfincia nasce a Palermo e ha origini antichissime, tanto da comparire nelle Bibbia anche se, con nome diverso.
Si narra infatti che, San Giuseppe fuggì in Egitto insieme a Maria e Gesù e che per mantenerli, si mise a vendere frittelle. 
La sfincia era una semplice frittella morbida dalla forma imprecisa, fino a quando non fu "trasformata" in dolce dalle suore delle stimmate di San Francesco di Palermo. Ciò avvenne con l'aggiunta della crema, dei pistacchi e dei canditi. 
Col tempo la ricetta venne tramandata ai pasticceri del luogo che la dedicarono a San Giuseppe, in quanto padre buono e umile, proprio come gli ingredienti utilizzati per la realizzazione delle sfince.

 
San Giuseppe morì il 19 Marzo. Fu considerata una figura paterna positiva e la Chiesa Cattolica, lo proclamò "protettore dei padri di famiglia". E quindi, in questa occasione si festeggiano tutti i papà.
La "sfincia ri San Giuseppe" è un dolce tipico della tradizione Palermitana ed è stata inserita tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

 
250 ml di acqua
250 gr di farina 00
6 uova
50 gr di strutto
5 gr di sale
1 pizzico di bicarbonato
1 bustina di vaniglia
 
per la crema
 
500 gr di ricotta di pecora
300 gr di zucchero
gocce di cioccolato
 
Mettete in un pentolino l'acqua e lo strutto. Fate sciogliere e dopo buttate dentro, la farina con il bicarbonato e la vaniglia. Mescolate il composto fino a quando non si stacca completamente dai bordi e risulta liscio. Spegnete la fiamma, trasferite il tutto nel contenitore dell'impastatrice e azionate a velocità media. Fate incorporare, a poco a poco, tutte le uova. Fatto ciò, lasciate riposare lì stesso, l'impasto per mezzora. 
  
Trascorsi i trenta minuti potete passare alla frittura. Con l'aiuto di due cucchiai, prendete una piccola parte di impasto e immergetela in olio caldo. Friggete a fiamma lenta fino a quando non saranno gonfie e dorate.

Mettetele a scolare e appena fredde, decorate con un poco di crema, ciliegine candite o buccia di arancia candita e granella di pistacchi.

23 marzo 2020

Cassata al forno

La cassata al forno è uno dei tanti dolci tipici siciliani ed è la prima "versione" della famosa cassata siciliana. E' una torta di pastafrolla con un ripieno di crema di ricotta. Nel periodo Normanno cambiò aspetto e gusto. La pastafrolla venne sostituita dal pan di spagna, si aggiunsero il marzapane e i canditi, venne decorata e colorata con la frutta candita, diventando cassata siciliana.
La cassata al forno rimase comunque "in vita" ed è ancora oggi, molto apprezzata dai palermitani, specie nel periodo di Pasqua.



Per realizzare la cassata al forno dovete iniziare il giorno prima. La ricotta deve stare a scolare e la pastafrolla invece, deve riposare 12 ore.


 
  per la crema

500 gr di ricotta di pecora
100 gr di zucchero
100 gr di gocce di cioccolato
Preparate la pastafrolla e dopo averla impastata, formate un bel panetto, avvolgetelo nella pellicola e mettetelo a riposare nel frigorifero.
Dopo potete iniziare a comporre la vostra cassata al forno. Stendete la frolla e ricavate due cerchi di pasta, uno più grande e l'altro leggermente più piccolo. Con il primo foderate la base di una teglia, precedentemente imburrata e infarinata, facendo aderire l'impasto anche ai lati. 
Mettete dentro la crema di ricotta e coprite con l'altro disco di pastafrolla. Chiudete bene i bordi, in modo da non far uscire la farcitura.
Infine cuocete a 180° per circa 50 minuti. Appena fredda potete dare una bella spolverata di zucchero a velo.




28 ottobre 2019

Martorana

A Novembre, dopo la ricorrenza di Ognissanti, a Palermo si festeggiano "i morti"
E' una festa dalle antiche origini collegata a culti pagani, una ricorrenza che risale al X secolo e ancora oggi molto sentita dai Palermitani.
La leggenda narra che, durante la notte tra l'1 e il 2 Novembre, i defunti visitassero i loro parenti in vita, portando doni ai più piccoli. I bambini aspettano questo momento con ansia e con un poco di paura, perchè sanno che, a causa di qualche monelleria, i giocattoli possono essere sostituiti da sacchi di carbone.  
Sono i genitori a comprare gioccatoli e dolci per loro per poi nasconderli, durante la notte, nei posti più impensati della casa.
Al mattino, i bambini appena svegli, si mettono alla ricerca di questi regalini creando dei momenti divertenti e pieni di allegria.
La tradizione prevede anche la preparazione di "u cannistru" ... una cesta piena di dolci tipici, cioccolati e frutta secca.
I dolci di questa festività sono diversi. Non può mancare la frutta di martorana, i pupi ri zuccaru e i biscotti tetù.
 
"Talè chi mi misiru i morti
u pupu cu l'anchi torti
a atta c'abballava
u surci chi sunava.
Passa la zita cu a vesta di sita,
passa u baruni cu i cavusi a pinnuluni"
- Canzone Popolare -

La frutta di martorana prende il nome dalla Chiesa della Martorana, (Santa Maria dell'Ammiraglio) situata al centro di Palermo e fondato nel 1143 nel periodo Normanno. Proprio lì dentro è nata la prima "versione" di questo dolce.
Si racconta che, un giorno di Novembre, le suore del Convento aspettavano la visita di un altissimo Prelato. La fredda stagione aveva reso il giardino spoglio e grigio, così si inventarono un modo per abbellirlo un poco. Impastarono mandorle tritate, zucchero e albume, realizzarono frutta di varie stagioni e l'appesero agli alberi. Il girdino cambiò aspetto, diventò colorato e dava l'impressione di essere ben curato. 

La martorana viene chiamata anche pasta reale, Con molta probabilità il nome "reale" si riferise al fatto che, il dolce fosse così buono da essere degno di un Re.

La ricetta della martorana ha origine Araba.

1 kg di farina di mandorle
500 gr di zucchero a velo
150 gr di glucosio
110 gr di acqua
2 fialette di aroma di mandorla 
1 bustina di vaniglia 

stampi in gesso

colori alimentari
vernice alimentare

Mescolare in una scodella la farina di mandorle, lo zucchero a velo, il glucosio, la vanillina e l'aroma di mandorla.

Versare l'acqua sulla miscela ottenuta e impastare per pochi minuti, dapprima con un cucchiaio e poi con le mani. Si raccomanda di non impastare per molto tempo perché si otterrebbe un impasto oleoso e non più utilizzabile.

Passare le mani nell'amido per dolci e formare, con l'impasto ottenuto, delle sfere di varia dimensione tenendo conto del tipo di stampo che si vuole utilizzare. E' importante, in questa fase, passare più volte le mani nell'amido per ottenere delle sfere ben lisce e non appiccicose
.
Spennellare la forma di gesso con l'amido oppure rivestire la forma di gesso con pellicola trasparente, inserire la sfera di pasta di mandorle nello stampo, pressarla leggermente e quindi estrarla. Togliere con un pennello le tracce di amido e lasciare riposare per un giorno prima di procedere alla colorazione.




I colori alimentari devono essere sciolti in una soluzione al 50% di acqua e alcool alimentare, in mancanza di alcool si può utilizzare un liquore secco. 
Una volta colorata tutta la martorana si fa asciugare almeno un giorno. Successivamente si può lucidare utilizzando un pennello pulito e asciutto.